6. Namamiko. L’inganno delle sciamane

Il sesto incontro del Tè Letterario, svoltosi online il 14 maggio, è stato dedicato a Namamiko. L’inganno delle sciamane di Enchi Fumiko (trad. di Paola Scrolavezza, Safarà Editore, 2019).

La recensione vincitrice

Un racconto al femminile

di Federica Zotti

Namamiko Monogatari”, presentato in traduzione italiana come “L’inganno delle sciamane”, è il capolavoro di Enchi Fumiko, scrittrice e sceneggiatrice di rilievo del periodo Shōwa, che ruota attorno all’appassionata storia d’amore fra l’Imperatore Ichijō e la Consorte Imperiale Teishi. Ambientato in epoca Heian (794-1185), segue le travagliate vicende dei due protagonisti, ostacolati dalla figura di Fujiwara no Michinaga, che anela alla carica di Cancelliere, desideroso di poter un giorno inserire a corte sua figlia Shōshi in qualità di Seconda Consorte Imperiale, nella speranza che questa possa dare alla luce il principe ereditario.

Tuttavia L’inganno delle sciamane non è una storia che vuole glorificare il potere della famiglia Fujiwara. L’inganno delle sciamane è un racconto al femminile.

Le vere protagoniste di questa opera sono senza dubbio le donne, prima fra tutte la Consorte Imperiale Teishi.

 Teishi viene descritta come il prototipo di donna ideale Heian: capelli neri, lucidi e lunghissimi, abile nell’arte della calligrafia, della poesia  e del koto. La sua figura viene idealizzata a tal punto da essere paragonata a un bodhisattva.

All’inizio si potrebbe quasi pensare che sia proprio lei la vera protagonista della storia, fino a quando non entra in scena il personaggio di Kureha, figlia di una sciamana e sorella di Ayame.

Se il personaggio di Teishi, nel corso del racconto, appare per lo più come un personaggio passivo e vittima degli eventi, il personaggio di Kureha evolve sotto vari aspetti caratteriali. Inizialmente è la dama più intima e fidata di Teishi, anche lei una pedina del grande piano di Michinaga, ma poi, al subentrare del giovane ispettore della polizia imperiale Yukikuni, si innamora profondamente di lui di un amore prevalentemente carnale. Non ci troviamo più davanti all’amore puro e idealizzato di Teishi, ma a un amore più terreno.

Quando, però, Yukikuni entra in contatto per la prima volta con la Consorte ne rimane ammaliato e l’interesse per Kureha svanisce del tutto.

Kureha comincerà quindi a provare dei sentimenti di gelosia nei confronti di Teishi, voltandole le spalle. Tutta la fedeltà e l’amore riservati alla Consorte fino a quel momento si dissolvono nel nulla.

Non dobbiamo però dimenticare che ci troviamo di fronte a “L’inganno delle sciamane”, che sono il vero fulcro della storia. Le due sorelle Ayame e Kureha, sempre manipolate da Michinaga, in due punti diversi della narrazione inscenano una possessione.

Le possessioni avvengono sempre da parte di Ikiryō, ovvero di spiriti viventi; questi si staccano dal corpo della persona che porta un forte rancore per andare a maledire la persona che è la causa del suddetto malessere.

Le possessioni sono veicolate da donne (sciamane) e riportano le parole maledette di Teishi, anch’essa donna. Questo probabilmente a evidenziare come la gelosia fosse solita scaturire nel cuore femminile.

Abbiamo poi una terza e  ultima possessione, che, al contrario delle due precedenti, si rivela essere autentica e di ciò ne veniamo a conoscenza solo alla fine del racconto attraverso le parole di Yukikuni. Poco prima della morte, lo spirito di Teishi scende nel corpo della miko Kureha nel tentativo di negare le dicerie che circolavano su di lei a seguito della possessione avvenuta dopo il voltafaccia di quest’ultima, ribadendo il suo amore sconfinato nei confronti dell’Imperatore.

Per quanto riguarda la struttura, l’opera ci viene presentata come un insieme di estratti provenienti dallo Eiga Monogatari e dal cosiddetto Namamiko Monogatari, che confluiscono in un unico filone principale. Il narratore (Enchi Fumiko stessa) è interno e inattendibile; unisce elementi di realtà a elementi di finzione, con l’obiettivo di raccontare la storia del sopracitato Namamiko Monogatari, libro facente parte della preziosa collezione di suo padre e che era solita sfogliare quando aveva all’incirca sei anni. Naturalmente i suoi ricordi a riguardo sono offuscati ed entra quindi  in supporto lo Eiga Monogatari, opera realmente esistente scritta nel 1030 volta a glorificare il nome della famiglia Fujiwara, in particolare la figura di Fujiwara no Michinaga.

Il narratore, nel corso dell’opera, cita di frequente questi due racconti e si prende la libertà di commentarli, dandoci la sua opinione su alcuni fatti o anche semplicemente sulla caratterizzazione dei personaggi.

In questo amalgamarsi di informazioni autentiche e informazioni fittizie il lettore non sa più discernere il vero dal falso e si trova travolto in questo turbine di avvenimenti fino ad arrivare alla fine del racconto senza sapere cosa sia accaduto veramente e cosa invece sia mera finzione. Questa tecnica narrativa non è nuova, anzi, era una delle tecniche predilette dallo scrittore Tanizaki Jun’ichirō, molto amato dall’autrice stessa. Tanizaki adottava spesso l’uso di documenti storici falsi come base per i suoi racconti, rendendo la narrazione inattendibile e portando il lettore ovunque volesse grazie alla sua scrittura.

In conclusione, grazie a quest’opera, Enchi Fumiko ci propone un tuffo in epoca Heian, dove però il fine non è omaggiare questo periodo storico né glorificare questi personaggi illustri, ma piuttosto è quello di denunciare la società patriarcale, che non lasciava alle donne altra via se non quella della sottomissione al volere degli uomini, rendendole impotenti davanti ai soprusi maschili.

Quella che inizialmente può sembrare “passività” di Teishi, alla fine assume un’altra chiave di lettura; secondo Yukikuni, infatti, la Consorte è stata l’unica persona in grado di sfuggire alle manipolazioni di Michinaga.  In realtà  Teishi appare vittima di Michinaga esattamente come gli altri personaggi, ma trovo che ciò che differenzia la sua posizione sia l’amore incommensurabile dell’Imperatore. Per quanto Michinaga abbia tentato in tutti i modi di separarla da Ichijō, il loro amore ha sempre trionfato. Il dubbio su quanto anche lei, in ogni caso, fosse soltanto una pedina si pone comunque, dato che alla fine muore giovane e privata di tutto, facendoci pensare che in qualche modo il piano di Michinaga sia in parte riuscito.

Infine, la modernità di quest’opera risiede soprattutto nella figura di Kureha, che non è la classica dama di corte del periodo Heian, ma è più vicina a una donna “terrena”, in grado di provare amore carnale, attrazione fisica e sentimenti discordanti fra loro, che sfiorano l’ossimoro.

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